La sequenza di tiro
(nomenclatura ufficiale della ZNKR)

1) Ashibumi - disposizione dei piedi

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L'apertura dei piedi, abbiamo già visto, può essere fatta in due movimenti o a ventaglio ma deve comunque costituire la solida base sulla quale costruire il tiro; l'angolo di apertura dei piedi deve essere di circa 60 gradi per dare stabilità alle anche; la distanza fra gli alluci deve essere pari a yazuka (la lunghezza della propria freccia) e la linea che idealmente li unisce dovrebbe passare per il centro del bersaglio.

2) Dozukuri - sistemazione del tronco

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Se dalle anche in giù la muscolatura deve restare contratta, dalla cintola in su tutto deve restare rilassato ma tonico; il corpo diritto e leggermente inclinato in avanti, il peso leggermente spostato verso gli avampiedi; fondamentale è il parallelismo della linea degli alluci con quella delle anche e con quella delle spalle (posizione detta delle 3 croci, rispetto all'asse verticale del corpo), senza pendere di lato, l'addome spinto verso il basso per una respirazione addominale, profonda e libera.

La penna inferiore dell'arco (motohazu) viene appoggiata sopra il ginocchio sinistro e l'arciere può verificare se stesso e la sua posizione; i tiratori che eseguono il tiro secondo la federazione tengono l'arco nella mano sinistra innanzi a sé, con la cocca al centro del corpo e la mano destra sullo stesso fianco mentre la scuola Heki Insai-ha si distingue per porre l'arco già lateralmente e per portare la mano destra al tanden (mimando la copertura della wakizashi); viene dato un rapido controllo alla corda (tsurushirabe) ed uno sguardo al bersaglio (monomi), il tutto seguendo una corretta respirazione, non naturale ma shingi kokyû (respirazione di tecnica e spirito).

 

3) Yugamae - posizione dell'arco

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La mano destra esegue torikake (afferrando il punto di unione fra la corda e la cocca della freccia), la mano sinistra assume la corretta posizione sull'arco, tenouchi completo per i tiratori shamen o la sua preparazione per quelli shômen (vedi paragrafo sull'impugnatura) e la testa ruota definitivamente verso il bersaglio e lo sguardo non lo lascerà che dopo l'ultimo stadio del tiro.

Storicamente, sul campo di battaglia, il tiratore doveva eseguire torikake con la sguardo già rivolto verso il nemico, potenziale bersaglio, ma dal quale bisognava anche guardarsi; si eseguiva quindi questa operazione afferrando la corda senza guardare (poco sotto la cocca) e facendo scivolare il guanto verso l'alto sino a raggiungere la freccia; alcuni tiratori usano ancora questa tecnica (pur controllando con lo sguardo) anche se oggi non sarebbe più necessario.

I tiratori shômen mantengono la posizione centrale con la freccia parallela al terreno (shômen no kamae) mentre i tiratori shamen spostano l'arco lateralmente con la freccia che punta leggermente verso il basso e l'arco leggermente aperto (shamen no kamae).

4) Uchiokoshi - sollevare dell'arco

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Shômen uchiokoshi è un movimento verticale morbido e naturale verso l'alto mantenendo con il corpo la stessa posizione di yugamae, staccando semplicemente l'arco dal ginocchio e mantenendolo parallelo all'asse centrale del corpo; shamen uchiokoshi è un movimento più energico perché l'arco viene mantenuto aperto (tra un terzo e metà della lunghezza della freccia) ed il tutto eseguito asimmetricamente di lato (vedi capitolo sul tiro moderno).

5) Hikiwake - tendere l'arco

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I tiratori shômen trovano questa fase una delle più difficili perché il tenouchi, che è già definitivo nel tiro Shamen, deve essere completato dinamicamente durante l'esecuzione della fase intermedia chiamata daisan, molto simile alla posizione finale dello shamen uchiokoshi; durante questa fase la freccia deve essere mantenuta parallela al pavimento ed al tiratore; la scuola Heki Insai-ha si differenzia da altre scuole shamen per spezzare questa fase in due tempi (la posizione intermedia prende il nome di sanbun no ni); anticamente i tiratori Insai-ha non aprivano l'arco attraverso la posizione di uchiokoshi ma passavano direttamente dalla posizione di yugamae a quella di sanbun no ni (due parti di tre) per non offrire più del necessario il fianco sinistro (non protetto dall'armatura) al tiro del nemico.

6) Kai - incontro

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Se tutte le fasi precedenti sono state eseguite correttamente, l'arciere si trova già nella giusta posizione di mira (nerai, della quale parleremo in un apposito paragrafo) e può quindi concentrarsi solamente su se stesso, l'elemento più importante del tiro; in questa fase segnata da un'apparente immobilità è concentrato tutto il segreto del tiro, l'intimo lavoro di preparazione allo sgancio.

Dal punto di vista "intimistico" della tecnica di tiro, la maggior differenza fra le due scuole si trova proprio in kai - tsumeai (completamento dell'apertura); i tiratori che seguono le proposte della ZNKR raggiungono una posizione chiamata "tate yoko ju mon ji" (la croce verticale e laterale) e possono rilassare la maggior parte della struttura muscolare affidando all'ossatura il compito di reggere la posizione; i tiratori Insai, per una serie di meccanismi fisiologici non riescono a raggiungerla ed affidano alla muscolatura il compito di mantenere la posizione e questo fatto comporta diverse conseguenze che sono particolarmente lunghe e difficili da riportare.

Inoltre, per dare maggiore potenza alla freccia, i tiratori Insai inseriscono a questo punto 3 torsioni supplementari e volontarie ("preparate" durante le fasi precedenti) che sono: quella della mano destra attorno all'asse della freccia (per avvolgere la corda sul pollice e far aprire maggiormente l'arco), quella della mano sinistra in senso orario (per compensare la precedente) e quella della mano sinistra sull'asse dell'arco (per "spingere" ulteriormente la freccia); l'equilibrio nella progressione, di queste torsioni e di tutte la altre spinte che entrano in gioco durante il tiro, prende il nome di nobiai (unione degli allungamenti); ancora, a differenza del tiro ZNKR (che "lascia andare" la freccia), durante il combattimento, l'arciere Heki aveva la necessità di sganciare volontariamente, con determinazione; la sensazione del "momento giusto per lo sgancio" prende il nome di yagoro.

7) Hanare - sgancio

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Mentre lo hanare della scuola Insai, come abbiamo appena detto, è un atto determinato, quello proposto dalla ZNKR è un movimento sì forte e senza rilassamenti ma il suo paradosso è che si tratta di un movimento volontario che dovrebbe avvenire "da solo".

Se tutte le forme sono state rispettate, se sono entrati in tensione i muscoli necessari e solo quelli, se tenouchi è corretto e non si scompone, se la mente non si è fatta distrarre, allora, oltre al fatto che la freccia penetrerà il bersaglio, avverrà lo yugaeri, un evento unico proprio dell'arcieria giapponese: l'arco ruota su se stesso e la corda va a colpire l'esterno del polso sinistro, senza che la mano stessa venga allentata.

In così poco tempo (qualche centesimo di secondo) nessuno può realmente controllare quello che avviene ed è solamente la corretta preparazione di tutte le fasi precedenti e la lunga pratica che possono dare a questo istante, che potremmo chiamare "Momento della Verità", il suo vero significato.

8) Zanshin - continuazione

Se con lo sgancio il tiratore pensa di aver terminato il proprio impegno la freccia non raggiungerà il bersaglio; egli dovrà invece seguire la freccia come guidandola idealmente col pensiero verso il bersaglio mantenendo l'attenzione e la tensione dovuta; test medico-scientifici hanno rivelato che fra tutte le fasi del tiro è questa quella nella quale il tiratore è più impegnato fisicamente.

Solo a questo punto il tiro è terminato; il tiratore riporterà l'arco nella posizione di partenza (yudaoshi), lo sguardo frontale (monomi gaeshi) e si appresterà a lasciare il posto di tiro secondo le modalità previste dalla propria scuola o dalla cerimonia.